Condivisione, compagnia, aggregazione sociale. Tutto ciò che alimentava e rassicurava la quotidianità della popolazione meno giovane del nostro Paese in questi mesi di era Covid-19 si è ribaltato nel suo esatto contrario: distanziamento, isolamento, solitudine, generando un diffuso e pervasivo senso di disagio e grande malessere.
Le ricerche scientifiche più recenti attestano quanto il senso d’emarginazione e d’isolamento sociale danneggino sensibilmente la psiche e soprattutto il fisico della terza età e come lo stress provochi seri danni al sistema immunitario, triplicando di fatto i rischi di decesso.
Con il diffondersi del virus in tutto il territorio, le rigide ma indispensabili misure governative hanno costretto alla chiusura non solo delle scuole e di gran parte di sedi lavorative, ma anche di tutti quegli spazi d’aggregazione e incontro che consentivano piacevoli momenti di socialità, grazie alle numerose attività ricreative.
Perciò, se la scuola si è organizzata con la didattica a distanza e gli uffici hanno introdotto con buon successo lo strumento dello smart working, quali alternative sono state poste in essere per i centri di socializzazione destinati agli anziani?
La risposta non è confortante: poco o nulla.
Con l’isolamento sociale, si sono interrotti molti rapporti e interazioni che prima costituivano un flusso circolare di mutuo sostegno. Se nei servizi primari – consegna cibo e medicine a domicilio, distribuzione di pacchi alimentari, iniziative solidali di aiuto alle persone in difficoltà – tutto sommato il sistema solidale ha funzionato, non si può dire altrettanto per l’associazionismo. Così l’anziano, lasciato lontano anche dagli affetti familiari più stretti, ha subìto un frustrante senso di solitudine e fragilità.
Vanda Maccaroni è la Presidente del Centro anziani “Isola Bella di Montesacro” di Roma, un vero fiore all’occhiello per il III Municipio, con oltre 1000 Soci.
Le attività spaziano da quelle culturali, come biblioteca, cinema, teatro, conferenze, gruppi letterari, mostre espositive delle opere dei Soci – pittura, sartoria, artigianato – a quelle fisiche come ginnastica e ballo, e a quelle ludiche come serate danzanti, soggiorni estivi, viaggi culturali, cure termali. “Le due ordinanze del Comune di Roma” spiega la Presidente “hanno sospeso di fatto le nostre attività da marzo al 30 settembre. Non avendo ricevuto ulteriori comunicazioni, ci siamo attivati per riaprire il Centro entro il mese di ottobre, ripristinando immediatamente le attività di ginnastica e ballo, perché il movimento fisico è fondamentale sia per la salute dei nostri Soci che per le attività di socializzazione e benessere che questo genera. E’ il compito fondamentale del nostro Centro!”. Aggiunge Mirella, un’assidua frequentatrice: ”Durante la quarantena, siamo rimasti in contatto grazie ai nostri Gruppi WhatsApp, ci scambiavamo informazioni e impressioni. Le attività del Centro sono molto importanti, offrono non solo compagnia, ma sicurezza e protezione”.
Nei piccoli centri di provincia va un po’ meglio. Ci spiega Amalia del Centro Sociale di Campagnano, piccolo comune a 35 km da Roma: “Grazie ad un’amministrazione comunale attenta, il nostro Centro ha potuto riaprire il 15 giugno e organizzare anche eventi all’aperto, giochi delle carte, pranzi, serate di musica e animazione, soggiorni di vacanza in località turistiche. Abbiamo la fortuna di avere spazi aperti proprio sulla piazza del paese e scambiare così due chiacchiere, pur rispettando la distanza e con una costante rilevazione della temperatura. Di più non è possibile. Certo, prima si organizzavano feste, gite, cene, le nostre sale tv accoglievano fino a circa 600 soci. Speriamo di tornare al più presto ai vecchi tempi!”.
Qual è dunque il pericolo più subdolo e insinuante? Che l’isolamento fisico, culturale e sociale si protragga oltre il Covid e degeneri davvero in una nuova forma di emergenza umanitaria. Molte persone, prima attive e in salute, dopo la forzata permanenza nel proprio domicilio, sono cadute in depressione e non intendono più uscire, irrigidendosi nell’immobilità fisica e mentale.
Dove intervenire, perciò, presto e bene?
Le Istituzioni statali, il Governo e il Parlamento dovranno mettere in campo prima possibile piani, provvedimenti di valorizzazione e risorse di sostegno a favore dell’associazionismo e della promozione sociale, come auspicato dall’attesa riforma dell’articolo 17 del Codice del Terzo Settore.
Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha presentato lo scorso agosto il documento “Decennio 2020 – 2030 dell’invecchiamento in buona salute”, auspicando una serie di azioni concrete che i governi, la ricerca, il mondo delle associazioni e della comunicazione dovranno attuare a favore di tutta quella popolazione che non deve sentirsi “sopravvissuta”, ma parte integrante del tessuto sociale ed economico del nostro Paese.
Cinzia Esposito